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Sull’istante decisivo

© Alessandro Mallamaci – Parco Dora, Torino 2016

Per anni sono stato affascinato dal concetto dell’istante decisivo, quello in cui metti sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. Ho scritto talmente tanti articoli in cui citavo Henri Cartier Bresson che ormai se provate ad effettuare una ricerca su di lui su Google, trova più fotografie mie che sue! Scherzo naturalmente, però devo ammettere che negli anni mi sono allontanato sempre più da quell’idea romantica del fotografo virtuoso – e anche un po’ fortunato – con un gran senso della geometria, divenuto istinto puro…

Non intendo sminuire quel tipo di approccio, dico solo che oggi mi interessa meno. Adoro la pratica dello sguardo lento suggerita da Luigi Ghirri e Gabriele Basilico ad esempio. Inoltre considero interessante l’approccio di fotografi come Antoine D’Agata che, come lui stesso ammette, quando ha iniziato a fotografare non guardava in camera, mentre oggi non scatta le sue fotografie ma ne diventa il protagonista, come un performer. Trovo stimolante questa evoluzione del concetto di autore.

Tornando all’istante decisivo però vorrei esprimere un’idea, dato che temo che la maggior parte delle persone ne abbiano una visione falsata. Vi siete mai domandati come scattavano Henri Cartier Bresson, Robert Capa, Elliot Erwitt?

Chi come loro ha una Leica M, spesso usa l’iperfocale. Questo significa che non perde tempo per mettere a fuoco. I grandi reporter usavano anche una focale fissa, quindi non provavano a inquadrare la stessa scena con differenti lunghezze focali e conoscevano l’angolo di campo a loro disposizione prima ancora di portare la fotocamera all’occhio (questo per vie della pratica di anni con lo stesso obiettivo). Inserivano una pellicola in camera, quindi non cambiavano continuamente gli ISO. Sceglievano un’esposizione e non toccavano più i tempi di scatto, a meno di un cambiamento delle condizioni di luce. Infine usavano una Leica M, l’ho già detto scusate, ma questa volta intendo dire che avevano a disposizione una macchina a telemetro, quindi guardando nel mirino vedevano anche una porzione di mondo che sta al di fuori della scena inquadrata. Senza considerare la possibilità di aprire l’occhio sinistro e visualizzare una porzione di mondo ancora più ampia. Questo consentiva loro di sapere bene cosa stava per entrare in campo!

Henri Cartier Bresson – Magnum Photos

Tutti voi avrete visto questa foto di Henri Cartier Bresson… io credo che lui abbia previsualizzato il risultato diversi minuti prima dello scatto. Immagino che lui abbia visto la scala, che sia salito in alto, che abbia composto con la massima serenità, per poi aspettare che qualcosa accadesse in quella porzione del fotogramma rimasta libera. Non lo pensate anche voi? Scherzando dico spesso che probabilmente nei suoi provini a contatto potremmo vedere la stessa scena con al posto del ciclista prima un passante, poi una mamma con la carrozzina, poi un cane, ecc. 😀

Credo che l’istante decisivo abbia poco a che fare con la velocità di movimento del fotografo e molto con la previsualizzazione e la meditazione. È una mia idea sia chiaro, e non intendo assolutamente affermare che il fotografo non debba muoversi, anzi sono convinto del contrario. Tuttavia dubito che correre sia utile per scattare una buona foto (almeno nella maggior parte dei casi). Probabilmente è preferibile immaginare quello che accadrà. Non è forse questa una delle principali capacità di un fotografo?

Un altro aspetto che trovo interessante ricordare è che, come sostiene Alex Webb, la street photography è per il 99% un fallimento. Cosa significa questo? A mio avviso significa che bisogna scattare tanto! I fotografi di strada girano per delle ore a piedi e a volte non portano a casa nessuno scatto. Quando fiutano una fotografia però iniziano a scattare, talvolta in maniera compulsiva. Continuano a cambiare punto di vista e portano a casa decine e decine di foto dello stesso momento, per poi scegliere la migliore (o scartarle tutte) in un secondo momento. Quindi non risparmiatevi in fase di scatto e – ve ne prego – non perdete tempo a cancellare le foto in camera. Scattate, scattate, scattate… ci sarà tempo in seguito per l’editing!

Qualcuno ci vieta di fondere l’idea dell’istante decisivo con la pratica dello sguardo lento?

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