Matteo 25,14-30
Avevo già letto la parabola dei talenti quando un professore di educazione artistica in seconda o terza media ce ne parlò e mi resi conto di non averne compreso a fondo il significato. Il professore Luvarà trasmette in un attimo tutta la sua passione per la vita e per l’arte. È un uomo alto il cui aspetto trasuda creatività e follia al tempo stesso: abbigliamento trasandato, lunghi capelli bianchi, è sempre pronto a tirare fuori la citazione più adatta al discorso in corso. Ricordo ancora la sua crociata con la famiglia di una mia compagna di classe che non intendeva assecondarne le naturali propensioni “artistiche”. Sono convinto come lui che ciascuno debba coltivare i propri interessi e scegliere da sé la strada da seguire e quindi il tipo di formazione migliore, in funzione del proprio modo di essere, della propria personalità e dei propri talenti. Seguire una strada diversa corrisponde a sprecare il proprio talento.
Non credo che il talento sia un dono divino, penso piuttosto che dipenda dall’insieme di stimoli ricevuti da bambini dall’ambiente familiare, a scuola, dagli amici, ecc. Ciascun adolescente si ritrova in mano alcune capacità naturali, differenti rispetto a quelle dei suoi coetanei. Non dico che si debba seguirli a tutti i costi o che non esistano altre strade possibili. Tuttavia trovo che sia un peccato non affinare capacità acquisite in maniera naturale fin da bambini. Di alcune popolazioni si dice che “hanno la musica nel sangue“. Be’ sfido chiunque a nascere in un contesto culturale in cui la musica e la danza hanno un’importanza primaria e sono alla base della vita quotidiana di ciascun nucleo familiare. Alcuni tra i più conosciuti musicisti cubani, ad esempio, hanno iniziato a suonare fin da piccoli e hanno interiorizzato un certo linguaggio musicale e anche la relativa tecnica esecutiva in modo completamente naturale. Noi occidentali invece siamo cresciuti davanti alla televisione (lo so, è riduttivo, ma cercate di comprendere il senso di questa mia affermazione) e quindi per acquisire la stessa padronanza di linguaggio e tecnica dobbiamo studiare per anni! Di fatto loro hanno studiato fin dalla nascita ma senza rendersene conto. Hanno imparato giocando. È curioso poi che nella lingua inglese e in quella francese si usi lo stesso verbo per “suonare” e “giocare“.
Ok sto divagando… quello che intendo dire è che molte volte operiamo delle scelte per paura o nel tentativo di assicurarci un futuro lavorativo ed economico stabile. Sta di fatto che in questa epoca non è più molto semplice poter dire di avere certezze in ambito lavorativo. Quindi tanto vale seguire le proprie passioni! Certo, la passione da sola non è sufficiente, serve molta determinazione e anni di studio e dedizione ma alla fine i risultati arrivano. Occorre spendersi molto e avere pazienza ma se si semina bene prima o poi si raccoglie, giusto per fare un’altra citazione biblica. Purtroppo non si può restare “puri”, è necessario piegare la propria arte ad un mercato che non dà sempre le soddisfazioni meritate ma se pensate che quasi tutti gli artisti noti hanno sempre lavorato e vissuto grazie a lavori commissionati dai nobili o dalla chiesa e che addirittura a un genio come Michelangelo è stato censurato e alcuni affresci della Cappella Sistina da lui realizzati sono stati sfregiati…