Esposizione, questa sconosciuta
Il problema dei principianti e le loro delusioni derivano proprio da questa non dico scarsa conoscenza, ma da questo scarso approfondimento delle regole.
Luigi Ghirri
Tengo corsi di fotografia da diversi anni e una delle situazioni di fronte alle quali mi trovo più di frequente è una scarsa coscienza dei principi che stanno alla base dell’esposizione in fotografia.
Ipotizziamo ad esempio che io vi chieda di fotografare un libro. Voi scegliete la lunghezza focale ideale, posizionate la fotocamera sul cavalletto, montate delle luci (al fine di non avere problemi nel caso in cui il cielo si rannuvolasse), scegliete l’esposizione corretta e scattate.
Girate pagina e magicamente l’esposimetro vi segnala una variazione dell’esposizione. Cosa fate:
- lasciate invariati i valori di ISO, tempo di scatto e diaframma;
- seguite pedissequamente l’esposimetro.
E per quale motivo dovreste modificare l’esposizione della vostra foto se non è cambiata la luce nella scena?
Vi siete mai domandati come funziona l’esposimetro?
Innanzitutto occorre specificare che nelle moderne fotocamere esistono diverse modalità per la misurazione della luce nella scena. Ad esempio la quarta voce di menu della Leica Q è “modalità esposimetrica”. Il sottomenu vi offre tre differenti possibilità:
- Multi-area (multizonale)
In questa modalità l’esposimetro tiene in considerazione tutti i valori di luminanza presenti nella scena, suggerendovi un’esposizione media. Questo è il metodo più semplice da usare, la fotocamera fa per noi lo sforzo di scegliere l’esposizione che a suo avviso è quella più corretta. A dire il vero in buona parte dei casi non sbaglia di molto e ci consente di portare a casa capra e cavoli (scusate la metafora). - Spot
In questa modalità l’esposimetro è estremamente preciso perché riduce al minimo la porzione del campo di cui fa la lettura. Usando la modalità spot sarete in grado di misurare in una maniera più accurata i differenti valori di luminanza della scena. Attenzione però: più preciso non significa più semplice. Al contrario, la misurazione spot è quella che nella pratica potrebbe crearvi maggiori difficoltà… fino a quando non ne comprendete appieno il meccanismo! - Centrale ponderata (media ponderata al centro)
Per semplicità diremo che è una via di mezzo tra le altre due modalità, nel senso che opera una media tra i valori di luminanza contenuti nella zona centrale del campo inquadrato.
Qual è il miglior metodo di misurazione dell’esposizione? Quello che vi piace di più, quello con cui vi trovate più a vostro agio. Se avete voglia di fare un po’ di fatica, il miglior consiglio è quello di usare il metodo spot, almeno per un annetto, proprio per imporvi di ragionare prima di fare clic e usare il vostro esposimetro nel modo più intelligente. Poniamo il caso che non sia semplice misurare l’esposizione sul nostro soggetto, chi ci vieta di misurarla in un punto con un valore simile di luminanza? Con il metodo spot siamo liberissimi di farlo. Ok impostiamo il metodo spot!
Ma a cosa serve davvero l’esposimetro? Se impostate dei valori di ISO, tempi e diaframmi che vi consentono di avere l’esposimetro sullo zero, che esposizione avrete? L’esposizione corretta? L’esposimetro non è in grado di stabilire cosa sia giusto e cosa sbagliato, può solo darvi un’indicazione rispetto a un valore di luminanza, il cosiddetto “grigio medio” (che non ha niente a che fare con la neutralità e il bilanciamento del bianco). Proviamo a ragionare in bianco e nero: state usando una pellicola in bianco e nero o una Leica M Monochrome. State per scattare un ritratto, inquadrate il vostro soggetto, misurate l’esposizione, fate in modo che l’esposimetro sia sullo zero… ma siete davvero sicuri di volere un valore medio di esposizione sul volto? Il buon Ansel Adams, che aveva a che fare con delle pellicole con una latitudine di posa di 10 stop, consigliava la zona 7 per i volti. Per intenderci il grigio medio sta nella zona 5, quindi per arrivare alla zona 7 ci tocca sovraesporre di due stop. Mi seguite? E se volessi ottenere sul mio volto il grigio più chiaro riproducibile che contenga ancora dettaglio (quindi senza arrivare al bianco, cioè alla zona X)? Sovraesponendo di altri due stop arriveremmo alla zona IX, obiettivo raggiunto! Però a parere del nostro esposimetro avremmo cannato l’esposizione di ben quattro stop! Quindi? Ha ragione lui o abbiamo ragione noi?
Ipotizziamo dunque che voi abbiate usato il metodo spot per un anno e che non abbiate più dubbi sul suo funzionamento. A questo punto impostate il metodo multizonale e inquadrate una scacchiera. La schacchiera è composta per metà da quadrati bianchi e per metà da quadrati neri. Voi la inquadrate, seguite il consiglio del vostro esposimetro, il risultato sarà esattamente quello che ci aspettiamo. Perfetto!
Adesso invece, nella stessa stanza e con la stessa luce, inquadriamo una scacchiera composta da un numero maggiore di quadrati bianchi. Seguiamo l’esposimetro anche in questo caso. Tutto quel bianco nella scena farà si che il nostro esposimetro ci consigli di sottoesporre rispetto a prima. Lui cercherà di far avvicinare il bianco (o meglio la media tra i valori misurati nella scena, quindi un grigio chiaro) al nostro grigio medio, per dirla in maniera semplice. E quindi? La foto risulterà scura! Un esempio? La vostra fidanzata che passeggia sul bagnasciuga al tramonto, o ancora un amico fotografato davanti ad una di quelle belle finestre dello scorso secolo, quelle molto grandi e da cui entra tanta luce, o infine la sposa che entra in chiesa a braccetto col papà. In tutte queste situazioni se diamo retta all’esposimetro i nostri soggetti saranno completamente neri. Ma attenzione non è detto che sia sbagliato: se il nostro obiettivo è quello di scattare una fotografia come quella della copertina del disco “Del meglio del nostro meglio Vol. 1” di Elio e le storie tese, abbiamo fatto bingo! Nell’ipotesi in cui volessimo mantenere dettaglio nell’incarnato invece…
Stessa stanza, stessa luce, adesso abbiamo di fronte una scacchiera composta in prevalenza da quadrati neri. L’esposimetro tende a farvi sovraesporre rispetto ai due esempi precedenti, perché vede tutto quel nero (anche in questo caso farà la media che sarà un grigio scuro) e vi chiederà di schiarirlo. Ma il vostro obiettivo è che il nero venga registrato sulla vostra pellicola o sul vostro sensore come nero, oppure come grigio medio? L’esempio pratico in questo caso riguarda la fotografia di scena in teatro. Avete di fronte a voi Giancarlo Giannini durante una lettura scenica. Bello, affascinante, con quel suo tono di voce così caldo e poi un fascio di luce che colpisce i suoi capelli e disegna il suo viso, mentre il resto della scena si perde nelle ombre… voi inquadrate, seguite il consiglio del vostro esposimetro, ecco che le ombre si aprono (scusate, mi sto lasciando andare a un linguaggio un po’ osé ma siamo fotografi, tra di noi ci capiamo, giusto?) e il volto del nostro attore, uno dei maggiori rappresentanti dell’Italia nel mondo, un attore di culto, quasi un’icona… diventa completamente bianco!
Ovviamente la situazione è sempre più complessa e meriterebbe un’analisi approfondita ma in questa sede ho cercato di semplificare i concetti al massimo, quindi concedetemi qualche licenza poetica!
Ah, se volete un consiglio spassionato, appena acquistate una fotocamera, sfogliatene il manuale. Subito dopo potrete, come faccio io, dimenticarlo interamente ma, nel caso in cui aveste necessità di usare una determinata funzione della vostra fotocamera… saprete che esiste e potrete ridare un’occhiata al manuale nella sezione di vostro interesse.
Sapete che anche Luigi Ghirri consigliava di leggere il manuale della propria fotocamera?