Sull’arte e gli “artisti” contemporanei
Io credo che gli “artisti contemporanei” dovrebbero andare a lavorare. Quello che intendo dire è che nella storia gli artisti hanno quasi sempre lavorato su commissione. Quindi, nel bene o nel male, dovevano confrontarsi con i gusti del proprio mecenate ed essergli anche riconoscenti perché rappresentava per loro la principale fonte di sostentamento. Non è nelle mie intenzioni sdoganare l’idea che il cliente abbia sempre ragione.
Tuttavia è bene considerare che la maggior parte dei grandi geni del passato realizzavano le proprie opere per un committente. Lavorare per qualcuno, anche per qualcuno, è utile a mantenere un buon equilibrio tra l’astrazione pura e la coscienza della propria epoca. Portare avanti una propria idea, un proprio progetto, è una strada che va assolutamente perseguita. Tuttavia spesso ho come l’impressione che ci sia una produzione troppo superficiale di idee che poi non trovano riscontro in nessun mercato o, se parliamo di livelli più alti, che il successo commerciale di un artista dipenda dalla sua quotazione piuttosto che dalla qualità delle sue opere.
Inoltre credo sia anche utile considerare che buona parte degli artisti noti erano degli ottimi artigiani. Essi avevano alle spalle anni di pratica nella bottega di qualche maestro. Padroneggiavano le tecniche di cui facevano uso e comunque studiavano tutta la vita. In fondo anche Leonardo da Vinci ha commesso degli errori durante la sua carriera. Inoltre ha avuto la pretesa di cimentarsi sia nell’ambito delle arti figurative che in diversi ambiti scientifici. Ma non mi risulta che lo abbia fatto improvvisando.
Io non comprendo il punto di vista di chi pretende di sfruttare tecniche differenti senza averle mai studiate. Io non accetto il principio in base al quale sia più importante l’idea del risultato finale. Non sono un amante della tecnica. Tuttavia sono convinto del fatto che la tecnica rappresenti la strada per ottenere un risultato visualizzato in precedenza. Capita di cambiare idea in corso d’opera, di modificare, di affidarsi un po’ al caso, di innamorarsi di un errore. Tuttavia una buona impostazione del lavoro prevede che alla sua base vi siano coscienza e padronanza tecnica. Affermare il contrario vorrebbe dire dimenticarsi degli studi giovanili di Picasso e anche affermare che le sue opere in età adulta siano frutto del caso e quindi che chiunque possa raggiungere i medesimi risultati.
Mi trovo pienamente d’accordo con te, te l’appoggio su tutta la linea (che so pure che ti piace:))
😉
In questi giorni mi è capitato di leggere cenni biografici di Michelangelo e Caravaggio (altro michelangelo, nemmeno a farlo a posta) e mi sono trovata a fare le stesse tue riflessioni. Oggi un po’ tanti artisti si sentono tali per autoinvestitura…
thanks