Leica in Aspromonte – terza puntata
Nella prima e nella seconda puntata di questo viaggio in Aspromonte abbiamo visitato diversi luoghi, prima con una Leica SL e un 50 mm f2 Summicron-M, poi con sua maestà, la Leica S.
Questa volta torneremo in alcuni dei luoghi che abbiamo già conosciuto ma portando con noi la Leica M, sempre con il 50 mm f2 Summicron-M. Questo obiettivo è praticamente l’ultimo rimasto con una vecchia progettazione, risalente agli anni ’70. Non è quindi il miglior obiettivo Leica disponibile oggi, ma ha un carattere e una resa che trovo davvero unici e che, personalmente, adoro.
L’occasione ci viene offerta dagli amici di VisitAspromonte che hanno organizzato un’escursione nei paesi fantasma d’Aspromonte. Si tratta di paesi abbandonati, ufficialmente in seguito ad alluvioni, ma che raccontano la storia di intere comunità trasferite dalla montagna a valle, per questioni legate al controllo del territorio e alla speculazione edilizia.
L’escursione ha inizio a Bova, in piena area grecanica e da lì si raggiunge prima contrada Carrà e poi Africo, tutte località che abbiamo già citato nei precedenti articoli. Lasciamo le automobili ed iniziamo un percorso circolare. Dopo oltre mezz’ora di cammino a piedi raggiungiamo Africo, visitiamo tutto il paese, entriamo nella chiesa, ci fermiamo per un pranzo – a sacco ma in perfetto stile calabrese – e infine continuiamo sul percorso fino a “chiudere l’anello” e raggiungere nuovamente le autovetture.
La mia Leica M mi accompagna, discreta. Come per le altre puntate ho usato quasi sempre la regola sunny f/16 e l’iperfocale al fine di concentrarmi esclusivamente sulla mia esperienza e sul racconto, evitando di pensare alla tecnica.
Per altro non smetterò mai di consigliare a tutti l’utilizzo di una focale fissa che è utile, soprattutto quando si inizia, per sviluppare una visione. Usare una focale fissa porta, ad esempio, a conoscere già il campo inquadrato – ed avvicinarsi o allontanarsi di conseguenza – prima ancora di portare la fotocamera all’occhio.
In auto imbocchiamo la strada verso Roghudi e facciamo una sosta nei pressi di un ponticello, sotto il quale si trovano le gole del torrente Furrìa, un affluente della fiumara Amendolea. Facciamo un bagno sotto una piccola cascata, esperienza incredibile. Risaliamo in auto e raggiungiamo Roghudi. Mi fermo per scattare una foto, un’immagine vista mille volte dalle nostre parti, ma che vi propongo per farvi rendere conto dello spettacolo di cui stiamo parlando.
A Roghudi entriamo nella casa dell’ultimo abitante del paese, deceduto di recente e infine ci gustiamo il paesaggio dell’Amendolea. A Bova la sera si cena con una lestopitta, una specie di piadina strafritta e buonissima che vi lascerà senza parole quando la assaggerete.
Il secondo giorno le caratteristiche di una fotocamera come la Leica M diventano essenziali. Il percorso della seconda giornata è stato a dir poco impegnativo: abbiamo percorso il sentiero della valle dei mulini, una vecchia strada di collegamento tra Bova e Palizzi, in cui i viandanti si fermavano nei forni sparsi lungo il cammino per comprare il pane, scalando letteralmente i costoni delle montagne, durante i loro spostamenti.
Oggi l’impresa è ancora più ardua, in certi punti il sentiero è franato e ci si trova a dover scegliere se “lasciarsi accarezzare” dai rovi o rischiare di cadere in un burrone. Incurante del pericolo ho superato mille difficoltà, sempre con la mia M in spalla :). Una macchina fotografica leggera, ma al tempo stesso solida e robusta, e a cui non ho risparmiato cadute e colpi, ma lei non si è tirata indietro neanche una volta.
Battute a parte, abbiamo proseguito verso il mare su questo sentiero che si trova a metà del dorso delle montagne, imbattendoci in diversi edifici costruiti in un periodo in cui venivano offerti finanziamenti pubblici al fine di ripopolare le zone rurali, anche se, visti i risultati, sospetto che queste forme di intervento non abbiano portato i risultati sperati.
In seguito ad una salita di un’ora con una pendenza incredibile e sotto un sole africano, abbiamo raggiunto il rifugio forestale “Vardaru” e abbiamo consumato il nostro pranzo a sacco sotto gli alberi del vivaio annesso. Sulla strada del ritorno, verso Bova, siamo passati accanto ad una scuola elementare, in località Savucco, voluta da Umberto Zanotti Bianco
L’esperienza è stata fantastica anche se decisamente impegnativa. La consiglio a tutti coloro che hanno voglia di avventura, mentre agli altri suggerisco comunque di visitare il nostro bellissimo Aspromonte, di fare un bagno nel nostro mare e gustare le prelibatezze della tradizione culinaria calabrese.
Alessandro Mallamaci
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