Due giorni intensi e un workshop di fotografia di paesaggio a Bologna.
Due giorni intensi quelli vissuti a Bologna, la città era in fermento per le mille manifestazioni collegate ad Arte Fiera e ho avuto modo di incontrare i tanti amici che popolano il mondo della fotografia bolognese, come Roberto e Laura di Spazio Labò, Laura di Paoletti School of Photography e il mitico Fulvio Bugani, oltre a chi si trovava lì solo di passaggio come il buon Tommaso Parrillo di Witty Kiwy che anche questa volta mi ha fatto spendere soldi per un suo splendido fotolibro.
Il motivo della mia visita alla bella Bologna è stato un workshop tenuto per Leica Akademie Italy. Il workshop ha il titolo “Urban Landscape” ma potremmo considerarlo un corso anomalo, dal momento che chi vi partecipa ha modo di esercitarsi sulla fotografia di ritratto e sugli interni, oltre che sul paesaggio ovviamente.
La struttura del corso è estremamente dinamica: brevi sessioni teoriche fanno da intervallo alle tante sessioni pratiche, nell’ottica di dare l’opportunità ai partecipanti di provare immediatamente quanto appreso, oltre ad interpretare e fare propria la lezione dei grandi maestri.
Da tempo rifletto sul ruolo dei docenti di fotografia e penso sempre di più che il mio compito sia quello di dare valore a tutti i partecipanti, a prescindere dal loro livello di partenza.
Non ho difficoltà a parlare di questioni tecniche ad esempio, ogni qualvolta mi rendo conto che uno o più partecipanti ne hanno bisogno. Pensare di mantenere una coerenza e una “purezza” a tutti i costi credo sia poco utile, oltre che fuori luogo (certo bisogna fare una distinzione nel caso di percorsi di lungo periodo, o per i quali vengano chiesti specifici requisiti di partenza).
Questo spirito contraddistingue ad esempio anche tutto il progetto www.corsobasedifotografia.it, il cui focus è proprio quello di dare valore in un modo decisamente amichevole.
Quando insegno cerco di “dare ritmo”, di alternare momenti di riflessione alle spiegazioni e alla visione di lavori. Modulo la voce, verifico di continuo il livello di attenzione degli iscritti, insomma ci metto sempre il massimo impegno. Al termine di ogni corso poi, ascolto i commenti degli iscritti e rifletto molto, al fine di migliorare qualcosa alla prossima occasione.
Insomma credo fermamente che la didattica richieda un grande impegno e che il compito di un buon docente sia quello di non fare mai annoiare chi ha di fronte e riuscire a fare arricchire tutti.
Non importa neppure che vengano scattate delle buone fotografie, dal mio punto di vista, la cosa importante è che tutti facciano un piccolo passo in avanti, rispetto al loro livello iniziale. Da questo punto di vista sarebbe poco utile ad esempio portare avanti un progetto o abbozzare un racconto, avendo a disposizione solo due giorni di tempo. Quello che propongo in questi casi è un percorso composto da esercizi, che sia utile a migliorare la pratica fotografica e soprattutto ad aumentare il grado di consapevolezza dei partecipanti.
In questo caso i ragazzi si sono confrontati con lo sguardo lento e con la lettura delle immagini. Trovo splendido far ragionare le persone, portarle a fermarsi di fronte a una fotografia e scoprire quanto possa raccontare e comunicare. Gli iscritti hanno poi lavorato sul concetto di soglia, sulla maniera in cui le persone vivono i luoghi, sull’inquadratura, sul modo in cui il tempo e la luce modificano i luoghi e la loro rappresentazione, sulla fotografia di interni, sui ritratto e così via. Rispetto al ritratto la difficoltà maggiore credo sia quella di “sdramatizzare”, cioè di togliere la maschera ai nostri soggetti (pensate alla foto di Marilyn Monroe scattata da Richard Avedon, ma anche ai ritratti di Stephen Shore o di Guido Guidi). La difficoltà è quella di far sentire la presenza del fotografo, guidando il soggetto, scegliendo con cura lo sfondo e la posa di chi abbiamo di fronte e anche mettendolo in relazione a un contesto, di modo che la foto stessa non risulti “bella” in maniera sterile, ma piuttosto “buona”, cioè che racconti qualcosa, che arricchisca chi la guarda. Per arrivare a questo risultato serve trovare un modo per entrare in relazione con il nostro soggetto e questo spesso ha ben poco a che fare con la fotografia. Penso infatti che le foto migliori siano quelle in cui è il rapporto umano ad essere migliore, non la tecnica – che pure trovo fondamentale ma la considero un veicolo per ottenere il risultato desiderato.
Di seguito una gallery delle fotografie scattate dalla splendida classe di ques’ultimo workshop, che ha avuto dei fuori programma molto interessanti, come una visita a una mostra di Luigi Ghirri che ha emozionato tutti e una alla basilica di San Petronio con un focus sullo splendido affresco di Giovanni da Modena.
Grazie a tutti di cuore.
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