Il fantastico mondo del “Model Sharing”
La prima volta che mi sono trovato di fronte a questo fenomeno ero ad una di quelle fiere piene di stand di diverse aziende produttrici di attrezzatura fotografia. Una di queste aveva allestito un set con un paio di modelle. A delimitare il perimetro del set c’erano una ventina di fotografi, uno accanto all’altro, che scattavano le loro fotografie.
Di per sè il model sharing (letteralmente “condivisione di modelle”, suona proprio male non trovate?) non avrebbe nulla di sbagliato. Voglio dire che male c’è se un gruppo di fotografi decide di pagare assieme una modella o una location per consentire ad ognuno di essi di portare avanti la propria ricerca?! Il problema, a mio avviso, sta nell’approccio. Non si può pensare di fotografare con accanto altri due o dieci fotografi. Diventa “Photo Call” ma nulla che abbia a che fare con la fotografia di ritratto, moda, nudo.
Voglio dire non mi risulta che Demarchelier, Mapplethorpe, Newton o Sieff facessero i loro scatti in contesti simili. Il fotografo ha bisogno di instaurare un rapporto con il soggetto fotografato. Deve crearsi il giusto feeling affinché l’interazione tra i due produca i risultati migliori. Non possono esserci elementi di disturbo sul set. Ma non lo dico io, questa regola vale per tutti i fotografi. Provate ad andare sul set di un professionista che sta scattando fotografia di moda o pubblicitaria e a scattare le vostre foto o, peggio, ad attirare l’attenzione della modella. Verrete letteralmente sbranati, nella migliore delle ipotesi.
Durante l’ultima edizione di Miss Italia stavo facendo da assistente a Luigi Saggese su un set, lui si è allontanato un attimo e a quel punto io mi sono avvicinato al soggetto, provando a dargli qualche indicazione sulla posa. C’erano dei problemi oggettivi di cui il soggetto però non si rendeva conto e il fotografo era fuori dal set, quindi tutto tranquillo in apparenza. Ebbene Luigi mi ha chiamato in disparte e mi ha fatto una cazziata pazzesca. Nessuno che non sia il fotografo deve permettersi di parlare col soggetto.
E lo capisco bene. Se si spezza il filo che c’è tra soggetto e fotografo, se il soggetto prende come riferimento altre persone, se in un set ci sono elementi di disturbo che non consentono di mantenere la giusta concentrazione, si lavora male rischiando di compromettere il risultato.
Però naturalmente sto facendo riferimento a dei lavori o a delle ricerche, a degli obiettivi, a dei risultati da raggiungere. Se si tratta solo di trascorrere assieme una domenica pomeriggio non discuto più. Ma non ditemi che questa è fotografia. Il model sharing è una delle cose più lontane dalla fotografia che io conosca. È peggio che parlare della nitidezza dell’obiettivo al tale diaframma piuttosto che guardare l’immagine.
E poi tutte queste cosce di fuori o questi culi in abiti attillati, le calze o il trucco “iperaggressivi”. Ma ragazzi spogliatele piuttosto, sono meno volgari. Volete lavorare sul ritratto o sulla figura? Pagate una modella o chiamate un’amica o vostra moglie e lavorateci. O magari pagate assieme ad altri amici una modella ma lavorateci due ore per uno, non tre alla volta, per carità.